L'importanza del perdono nella vita cristiana.
Testi tratti dal libro di Corrie ten Boom "Vagabonda per il Signore", edizioni EUN. Usato con permesso.

Corrie ten Boom
sul perdono

Pagine 46-48:

«…perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato.»

Romani 5:5

Ama il tuo nemico

Lo avevo incontrato in una chiesa di Monaco: un uomo tarchiato, con un soprabito grigio, i capelli radi e un cappello di feltro marrone stretto fra le mani. La gente stava uscendo dal seminterrato dove avevo appena finito di parlare, spostandosi lungo le file di seggiole verso la porta posteriore. Si era nel 1947, ed ero venuta dall'Olanda nella Germania disfatta con il messaggio di un Dio che perdona.

Era la verità che più avevano bisogno di sentire in quel Paese amaro, distrutto dalle bombe, e io, nel corso della conferenza, avevo presentato loro una mia immagine preferita. Forse perché il mare non è mai lontano dalla mente di un olandese, amavo pensare che proprio lì venissero gettati i peccati perdonati. "Quando confessiamo i nostri peccati," avevo detto, "Dio li getta nel più profondo degli oceani, e spariscono per sempre. E sebbene io non riesca a trovare nella Scrittura un verso che lo affermi, credo che Dio ponga sulle rive un cartello che dice: Vietato pescare."

Volti solenni mi fissavano, senza osare credermi del tutto. Dopo un qualunque discorso fatto nella Germania del 1947, non c'erano mai domande. La gente si alzava in silenzio, in silenzio raccoglieva i soprabiti, in silenzio lasciava la stanza.

E fu lì che io lo vidi, mentre si apriva una strada fra gli altri. Per un momento lo vidi col soprabito e il cappello marrone; ma un momento dopo lo rividi in una uniforme azzurra, col berretto a visiera e l'insegna del teschio con le ossa incrociate. Rividi di colpo il grandissimo locale con le sue luci violente che piovevano dall'alto; il patetico mucchio di vestiti e scarpe al centro del pavimento; la vergogna di passare nuda davanti a quest'uomo. Potevo vedere davanti a me la fragile figura di mia sorella, con le costole che sporgevano sotto la pelle incartapecorita. Betsie, come eri magra!

Il luogo era Ravensbruck, e l'uomo che ora si apriva la strada era un guardiano, uno dei guardiani più crudeli.

Ora stava davanti a me e mi porgeva la mano: "Un bellissimo messaggio, Fräulein! Come è bello sapere che, come lei dice, tutti i nostri peccati sono nel fondo del mare!"

E io, io che avevo parlato così teneramente di perdono, piuttosto che stringere quella mano frugai nella mia borsetta. Certamente non poteva ricordarsi di me; come poteva ricordare una prigioniera fra quelle migliaia di donne?

Ma io lo ricordavo bene e ricordavo la frusta di cuoio appesa alla sua cintura. Mi trovavo faccia a faccia con uno dei miei aguzzini e il mio sangue sembrava raggelarsi.

"Nel suo discorso ha citato Ravensbruck," stava dicendo. "Io vi sono stato come guardiano." No, non si ricordava di me.

"Ma dopo," proseguì, "sono diventato cristiano. So che Dio mi ha perdonato le cose crudeli che feci allora, ma vorrei udirlo anche dalle sue labbra. Fräulein," e di nuovo mi tese la mano, "mi può perdonare?"

E io stavo lì; io, i cui peccati devono essere continuamente perdonati, e non potevo perdonare. Betsie era morta in quel posto; poteva egli cancellare la sua lenta terribile agonia soltanto chiedendolo?

Non potevano essere stati molti i secondi in cui egli stette lì con la mano tesa, ma a me sembrarono ore mentre lottavo con la cosa più difficile che mai avessi dovuto fare.

Perché dovevo farlo, lo sapevo. Il messaggio secondo il quale Dio perdona ha una condizione preventiva: che noi perdoniamo coloro che ci hanno offeso. "Se non perdoni agli uomini i loro falli," dice Gesù, "neanche il tuo Padre Celeste perdonerà i tuoi."

Conoscevo ciò non soltanto quale comandamento di Dio, ma anche come esperienza quotidiana. Dopo la fine della guerra avevo aperto una casa in Olanda per le vittime della brutalità nazista. Quelli che erano in grado di perdonare i loro antichi nemici erano anche capaci di ritornare nel mondo e ricostruire la loro esistenza, quali che fossero le cicatrici fisiche. Quelli invece che alimentavano la loro amarezza rimanevano invalidi. Era una cosa così semplice e così terribile.

Ed io stavo ancora lì, col freddo che mi stringeva il cuore. Ma il perdono non è un'emozione, sapevo anche quello. Il perdono è un atto di volontà, e la volontà può funzionare indipendentemente dalla temperatura del cuore. "Gesù, aiutami!" pregai silenziosamente. "Posso alzare la mia mano. Questo posso ancora farlo. Tu fammi avere il sentimento."

E così, in modo legnoso, meccanico, posi la mia mano in quella tesa verso di me. E quando lo feci avvenne una cosa incredibile. Una corrente parti dalla mia spalla, scese lungo il braccio e balzò nelle nostre mani congiunte. E quindi questo calore risanante sembrò scorrere attraverso tutto il mio essere, facendo sgorgare le lacrime nei miei occhi.

"Ti perdono, fratello!" gridai. "Con tutto il mio cuore!"

Per un lungo istante ci stringemmo le mani, l'ex guardiano e l'ex prigioniera. Non avevo mai conosciuto l'amore di Dio in modo così intenso come allora. Ma anche così mi rendevo conto che non era il mio amore. Avevo tentato e non avevo avuto la forza. Era la forza dello Spirito Santo, come è riportato in Romani 5:5: "…perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato."

Pagine 66-68:

Luci dall'Africa più nera

Mi trovavo in Africa da tre settimane quando finalmente riuscii a visitare la prigione situata alla periferia della città. Chiesi al direttore se potevo parlare ai prigionieri.

"Impossibile," disse. "I prigionieri sono in punizione per tutto il mese in seguito ad una sommossa scoppiata in mezzo a loro. A nessuno è consentito vederli, tanto meno per fare loro un sermone."

Ero scoraggiata, ma sapevo che Dio mi aveva portata in quel luogo per qualche ragione. Così rimasi in piedi a guardare il direttore.

Cominciò a sentirsi a disagio vedendomi lì ferma a fissarlo. Infine disse: "Vi sono alcuni prigionieri politici che sono stati condannati a morte. Vuole forse parlare con loro?"

"Certamente," dissi.

Il direttore chiamò tre soldati armati fino ai denti che mi scortarono lungo un corridoio con porte munite di sbarre. In una cella c'era un uomo solo, seduto su una bassa panchina che gli fungeva anche da letto. Nella cella non vi era nient'altro. La luce entrava da una finestrella posta molto in alto, che lasciava filtrare solo una piccola macchia di sole che si rifletteva sull'impiantito di terra battuta di quel luogo sinistro.

Mi appoggiai al muro. Era un giovanotto dalla pelle nera e dai denti molto bianchi. Sollevò il capo e apparvero due occhi pieni di tristezza. Cosa potevo dirgli? "Signore, dammi un po' di luce da passare a quest'uomo che vive in tenebre così fitte."

Finalmente gli rivolsi una domanda: "Hai sentito parlare di Gesù?"

"Sì," disse lentamente, "ho una Bibbia a casa. So che Gesù è morto sulla croce per i peccati del mondo. Molti anni fa lo avevo accettato come mio Salvatore e lo avevo seguito per qualche tempo fino a che le attività politiche non mi assorbirono del tutto. Ora vorrei poter ricominciare di nuovo e vivere una vita consacrata a Lui, ma è troppo tardi. Questa settimana morrò!"

"Non è troppo tardi, amico mio," dissi. "Sai chi ha causato la tua condanna a morte?"

"Potrei darle l'intera lista di coloro che mi hanno messo qui," rispose, digrignando i denti. "Conosco tutti i loro nomi e li odio."

Aprii la mia Bibbia e lessi: "Ma se non perdoni agli uomini i loro falli, neanche il Padre tuo perdonerà i falli da te commessi." Chiusi la Bibbia e lo guardai: "Vuoi che tuo Padre ti perdoni prima che tu muoia?"

"Certo che lo voglio," disse. "Più di qualunque altra cosa al mondo. Ma non posso attenermi alle condizioni poste da Lui. Non sono capace di perdonare. Sono giovane e forte e sano. Ho moglie e bambini. Questi uomini mi hanno fatto torto e ora proprio questa settimana si prenderanno la mia vita. Come posso perdonare tutto ciò?"

L'uomo mi guardò con occhi pieni di disperazione. Avevo nel cuore una compassione così grande, tuttavia sapevo che dovevo essere dura, perché da ciò dipendeva il suo destino eterno.

"Lascia che io ti racconti una storia," dissi. E quindi gli parlai della mia esperienza nella chiesa di Monaco, dove il mio ex guardiano del campo di concentramento mi aveva chiesto di perdonarlo.

"In quel momento sentii una grande amarezza gonfiarmi il cuore," dissi. "Ricordai le sofferenze della mia sorella morente, ma sapevo che il mancato perdono mi avrebbe fatto più male che non le frustate del guardiano. Così gridai a gran voce al Signore: ‹Signore, ti ringrazio per quanto mi dici in Romani 5:5: L'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato. Ti ringrazio, ti ringrazio Signore, che il tuo amore in me può fare ciò che io non sono capace di fare.› In quel momento una grande corrente di amore mi attraversò e io dissi: ‹Fratello, dammi la tua mano: ti perdono tutto.›"

Guardai l'africano seduto sulla panca. "Non potevo farlo da me stessa," continuai. "Non ne ero capace. Gesù in me riuscì a farlo. Vedi, non tocchi mai tanto l'oceano dell'amore di Dio come quando ami i tuoi nemici."

L'uomo ascoltava mentre gli parlavo di Gesù. Quindi pregai con lui e me ne andai, con la certezza di incontrarlo nell'aldilà.

Il giorno successivo un amico missionario venne a trovarmi. Mi disse che appena avevo lasciato la prigione il prigioniero aveva mandato un messaggio a sua moglie in cui diceva: "Non odiare coloro che mi hanno portato qui e che sono causa della mia morte. Amali. Perdonali. Io non ne sono capace e neanche tu lo sarai, ma Gesù in noi potrà farlo."

Quella notte dormii bene: sapevo perché Dio mi aveva mandato in Africa.

Pagine 155-157:

E quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro a qualcuno, perdonate: affinché il Padre vostro che è nei cieli vi perdoni i vostri falli.

Marco 11:25

Nero su bianco e il perdono

Vorrei poter dire che dopo una lunga e fruttuosa esistenza, in viaggio per tutto il mondo, ho imparato a perdonare tutti i miei nemici. Vorrei poter dire che ho solo pensieri caritatevoli e misericordiosi per gli altri. Ma non è così. Se vi è una cosa che ho imparato dopo il mio ottantesimo compleanno, è che non posso accumulare in magazzino buoni sentimenti e buon comportamento da prelevare al momento giusto, ma che posso soltanto ottenerli freschi ogni giorno da Dio.

Sono lieta che sia così, perché ogni volta che vado a Lui, Egli mi insegna qualcosa di nuovo. Ricordo – avevo quasi settant'anni – quando alcuni amici cristiani, che amavo e dei quali mi fidavo, fecero qualche cosa che mi fece male. Potreste essere indotti a pensare che, essendo stata capace di perdonare le guardie di Ravensbruck, perdonare degli amici cristiani sia uno scherzo da bambini. Non è vero. Per settimane ribollivo internamente. Ma finalmente chiesi a Dio di operare ancora una volta il Suo miracolo in me. E accadde di nuovo: prima la decisione a sangue freddo, quindi il flusso di allegrezza e pace. Avevo perdonato i miei amici; ero ritornata a posto con mio Padre.

Ma… la notte successiva mi svegliai improvvisamente e rivangai di nuovo tutta la questione. I miei amici!, pensavo. Gente che amavo. Se fossero stati degli estranei non mi sarei preoccupata tanto.

Sedetti sul letto e accesi la luce. "Padre, pensavo di aver perdonato tutto. Ti prego, aiutami a farlo."

La notte seguente mi svegliai di nuovo. Pensai: Avevano parlato così dolcemente, dopotutto! Mai un accenno a quello che progettavano di fare contro di me! "Padre!" gridai allarmata, "aiutami!"

Fu allora che emerse un altro fattore di estrema importanza nella remissione. Non basta dire semplicemente "Ti perdono", ma bisogna vivere il perdono concesso. E nel mio caso ciò significava agire come se i loro peccati fossero stati sepolti nelle profondità del più profondo dei mari. Se Dio poteva non ricordarsene più – e Dio ha detto:

"Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità" (Ebrei 10:17) – neanche io dovevo ricordarmene. La ragione per cui i pensieri continuavano a tormentarmi, dipendeva dal fatto che io continuavo a rivangare il loro peccato nella mia mente.

E così scoprii un altro dei principi di Dio: possiamo affidarci a Dio non soltanto per il controllo dei nostri sentimenti, ma anche per il controllo dei nostri pensieri, delle nostre convinzioni. Quando gli chiesi di rinnovare la mia mente, Egli portò via anche i miei pensieri negativi.

Ma Dio aveva ancora di più da insegnarmi con questo semplice singolo episodio.

Molti anni più tardi, dopo il mio ottantesimo compleanno, un amico americano venne a trovarmi in Olanda. Eravamo nel mio piccolo appartamento a Baarn ed egli mi chiese notizie di quella gente che tanto tempo prima si era approfittata di me.

"Non c'è stato più nulla," dissi abbastanza compiaciuta. "È tutto dimenticato."

"Da parte tua, certo," disse. "Ma da parte loro? Hanno accettato il tuo perdono?"

"Dicono che non c'è niente da perdonare! Negano di avermi fatto del male. Ad ogni modo, non importa quel che dicono, io posso sempre dimostrare che erano in errore." Andai alla mia scrivania. "Guarda! Ce l'ho qui, nero su bianco! Ho messo da parte tutte le loro lettere e posso mostrarti dove…"

"Come!" Il mio amico allungò il braccio e chiuse gentilmente il cassetto. "Non sei tu colei i cui peccati giacciono sul fondo del mare? Invece i peccati dei tuoi amici sono trattenuti nero su bianco nel tuo cassetto."

Fu una rivelazione stupefacente e rimasi senza parola. "Signore Gesù," sussurrai alla fine, "tu che porti via tutti i miei peccati, perdonami per aver conservato per tutti questi anni la prova dei peccati di altre persone. Dammi la grazia di bruciare tutto questo nero su bianco in un sacrificio profumato alla tua gloria."

Non andai a dormire quella notte finché non ebbi tirato fuori dalla mia scrivania quelle lettere sgualcite dal tempo e le buttai nella mia piccola stufa a carbone. Le fiamme balzarono e splendettero e così fece il mio cuore. "Perdonaci i nostri peccati," ci insegnò a pregare Gesù, "come noi perdoniamo a coloro che peccano contro di noi." Nelle ceneri di quelle lettere vedevo ancora un altro aspetto della Sua misericordia. Quanto Egli mi avrebbe ancora insegnato circa il perdono non lo sapevo, ma quella notte la lezione fu eccellente.

Il perdono è la chiave che chiude la porta al risentimento e mette le manette all'odio. Rompe le catene dell'amarezza e i ceppi dell'egoismo. Il perdono di Gesù non solo toglie via i nostri peccati, ma fa come se non fossero mai esistiti.

CORRIE TEN BOOM è l'autrice del best seller IL NASCONDIGLIO, l'affascinante avventura vissuta dalla sua famiglia per procurare nascondigli agli ebrei perseguitati dai nazisti durante l'ultima guerra. Per questa ragione ha perso il padre e una sorella nei lager.

Lei stessa ha trascorso diversi mesi in campi di concentramento ed è sfuggita alla morte solo per un miracolo di Dio.

Dal giorno della sua liberazione non cessa di girare il mondo per condividere la sua fede.

 

Corrie ten Boom si è autodefinita VAGABONDA PER IL SIGNORE: le sue valigie sono sempre pronte per intraprendere nuovi lunghi viaggi in tutto il mondo.

La fede semplice e straordinaria di questa donna ha scosso migliaia di persone portando sempre una risposta personale ad ognuno. In questo libro troverai una risposta anche ai tuoi perché.

Della stessa autrice potete leggere:

IL NASCONDIGLIO

1940: la guerra e l'odio invadono l'Europa. Questa è la storia di una famiglia olandese che non voleva smettere di amare.

"Il mio Signore mi chiede di aprire la porta a chiunque e di dare sempre il suo amore," spiega Corrie, la figlia dell'orologiaio ten Boom che crede che i cristiani debbano distinguersi per quello che fanno e non solo per quello che dicono.

E così i ten Boom accolgono dapprima un bambino ebreo, poi un professore, poi intere famiglie. Il loro appartamento sul negozio diventa un vero e proprio "nascondiglio" per tanti i cui nomi sono sulle liste nere degli occupanti nazisti.

Ma ecco che la Gestapo arresta Corrie, il padre e la sorella Betsie. Il padre muore. Corrie e Betsie vengono mandate in campo di concentramento.

Nonostante le umiliazioni e le privazioni, Betsie ringrazia Dio per ogni bene, sia fisico che spirituale. Dice: "Gesù sa cosa proviamo." Corrie invece trova difficile ringraziare Dio per ogni cosa. La marea d'odio quasi la sommerge, ma Betsie ammonisce: "Non odiare. Corrie. Non odiare."

Pochi nel campo di concentramento comprendono la fede di Corrie e Betsie in Gesù Cristo. Ma quando le condizioni peggiorano, le prigioniere si rivolgono a loro. "Tutto quello che posso dire è che lo stesso Dio che tu accusi è venuto a vivere in questo mondo," dice Corrie a una polacca amareggiata. "È stato battuto, denudato, oltraggiato e ucciso. E l'ha fatto per amor nostro."

Quando Betsie muore. Corrie prega: "Signore, che la tua volontà sia il mio 'nascondiglio'."

 

Questo libro racconta le vicende del primo mezzo secolo di vita di Corrie – esperienze allucinanti e miracoli, paure e vittorie che oggi le fanno dire: "Nessun burrone è tanto profondo che Egli non sia ancora più profondo".

Puoi acquistare "Vagabonda per il Signore" di Corrie ten Boom presso la tua libreria cristiana, oppure presso:

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Autore

Corrie ten Boom, nel libro "Vagabonda per il Signore" e gli editori di EUN.
Compilazione Sandro Ribi.

Pubblicazione

Prima pubblicazione agosto 2002
Ultimo aggiornamento 06.04.09

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